A cura di Silvia Di Giacomo, Dipartimento Fisiologia e Farmacologia “V. Erspamer”, Sapienza – Università di Roma
I glucocorticoidi, per le loro proprietà anti-infiammatorie ed immunosoppressive, sono largamente impiegati in clinica; tuttavia, l’uso cronico può determinare ipercortisolismo, sia dopo assunzione orale, ma anche in seguito a somministrazione topica prolungata (1). Di seguito è riportato un caso di ipercortisolismo iatrogeno a seguito di esposizione cronica ad un prodotto cosmetico a base di piante medicinali (2).
Presso il reparto di Medicina Interna del Policlinico Universitario di Padova è stata ricoverata una donna di 65 anni con aspetti clinici tipici della sindrome di Cushing (pletora facciale, gobba di bufalo, striae rubrae, obesità tronculare). All’anamnesi, la paziente dichiarava di essere affetta da ipertensione arteriosa, stenosi aortica di grado moderato, diabete mellito di tipo 2 e tiroidite autoimmune. Inoltre, la donna affermava di aver subito, in precedenza, un’endoarteriectomia carotidea. Il trattamento farmacologico a cui era sottoposta comprendeva: un sartano, canrenoato di potassio, bisoprololo, torasemide, acido acetilsalicilico, atorvastatina e L-tiroxina.
Dai risultati delle analisi chimico-cliniche risultavano i seguenti valori: sodio 137 mmol/l (valori di riferimento: 135-145), potassio 4,3 mmol/l (valori di riferimento: 3,3-5,1), cortisolo sierico 44 nmol/l (valori di riferimento: 138-690), cortisolo libero urinario 30 nmol/24 h (valori di riferimento: 90-694), deidroepiandrosterone solfato <0,4 µmol/l (valori di riferimento: 0,9-11,7), ACTH < 5 ng/l (valori di riferimento: 10-50). Tali valori evidenziavano un deficit dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene suggerendo un ipercortisolismo di tipo iatrogeno.
La tomografia computerizzata dell’addome mostrava una significativa epatomegalia, ma non lesioni surrenaliche; la risonanza magnetica permetteva invece di escludere alterazioni a carico della ghiandola pituitaria. Dal colloquio emergeva che la paziente non aveva assunto in precedenza steroidi; tuttavia, applicava quotidianamente, da circa 3 anni, una crema cosmetica a base vegetale (estratto etanolico di Cardiospermum halicacabum 10%, bisabololo 0,5% e acido 18 β-glicirretinico 0,3%) per il trattamento di un eritema sottomammario. Dopo sospensione del prodotto fitocosmetico, la paziente sviluppava caratteristiche cliniche e biochimiche di insufficienza surrenalica. Il test di stimolazione con ACTH (250 µg) rivelava la mancata secrezione di cortisolo e deidroepiandrosterone solfato da parte del surrene. È stata quindi iniziata una terapia sostitutiva con cortisone acetato (25 mg/die), che ha permesso il graduale miglioramento degli aspetti somatici caratteristici della sindrome di Cushing e il parziale recupero della funzionalità surrenalica, nel lungo periodo (tre anni).
L’analisi della crema, effettuata mediante cromatografia liquida ad alta risoluzione abbinata alla spettrometria di massa, ha consentito di escludere la presenza nella stessa di glucocorticoidi di sintesi. E’ stato poi indagato il possibile effetto glucocorticoide del preparato, in particolare di C. halicacabum, una pianta medicinale utilizzata nel trattamento di patologie dermatologiche (dermatite atopica, eczema e psoriasi), per le sue presunte proprietà anti-infiammatorie (3,4), per le quali è considerata un “cortisone naturale”.
In esperimenti condotti su cellule di adenoma ipofisario murino secernenti ACTH (AtT-20/D16v-F2), la tintura di C. halicacabum ha mostrato di ridurre la secrezione di ACTH sia basale che stimolata da CRH. Inoltre, l’estratto si legava direttamente e specificamente al recettore glucocorticoide e ne riduceva l’espressione [per i dettagli sperimentali consultare il lavoro di Martini et al. pubblicato nel 2016 (2)]; tali effetti erano invertiti dal mifepristone, confermando l’azione simil-glucocorticoide.
Ad oggi, diversi casi di ipercortisolismo associato con l’assunzione di prodotti naturali sono stati riportati in letteratura, sebbene la maggior parte di essi sia stata ascritta all’adulterazione dei preparati con glucocorticoidi (5-10).
Di contro, il caso appena descritto rappresenta il primo report di sindrome di Cushing in seguito ad esposizione ad un preparato a base di piante medicinali privo di adulterazioni, come dimostrato dagli autori (2).
Pur essendo C. halicacabum utilizzata nella medicina tradizionale, sia orientale che occidentale, un effetto clinico di questo tipo non è mai emerso: l’applicazione ripetuta del fitocosmetico da parte della donna, per così lungo tempo, potrebbe aver giocato un ruolo decisivo nello sviluppo dell’ipercortisolismo con soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
Un altro aspetto da considerare è la possibilità di una particolare sensibilità individuale della paziente ai glucocorticoidi.
È noto, infatti, che polimorfismi dei recettori dei glucocorticoidi possono determinare una variabilità nella risposta a tali farmaci (11). Infine, va sottolineato che nella paziente non si è osservato un pieno recupero della funzione surrenalica; infatti, anche dopo la normalizzazione dell’ACTH, la secrezione di cortisolo è rimasta insufficiente. Si potrebbe ipotizzare che altri componenti di C. halicacabum possano aver esercitato, soprattutto dopo l’applicazione cronica, un effetto tossico diretto sui surreni. Rimane comunque da capire quale o quali componenti presenti nell’estratto di C. halicacabum possano aver giocato un ruolo nel determinare l’effetto di tipo glucocorticoide.
COMMENTO
In aggiunta a quanto sopra discusso dagli autori, va considerato che il prodotto fitocosmetico utilizzato dalla paziente conteneva anche l’acido 18β-glicirretinico, che può aver contribuito allo sviluppo dell’ipercortisolismo mediante l’inibizione dell’enzima microsomiale 11-β-idrossisteroidoidrogenasi (12) che catalizza la conversione del cortisolo a cortisone inattivo. Tuttavia, questo meccanismo avrebbe dovuto determinare una perdita di potassio che non è stata riscontrata dalle analisi chimico-cliniche. Il contemporaneo utilizzo da parte della paziente del canrenoato di potassio, un diuretico risparmiatore di potassio, potrebbe aver contrastato la deplezione di tale ione da parte dell’acido 18β-glicirretinico.
Anche l’assunzione di L-tiroxina da parte della paziente potrebbe aver contribuito all’insorgenza dell’ipercortisolismo. Studi di letteratura dimostrano, infatti, che l’ipertiroidismo prolungato induce una riduzione delle riserve di cortisolo nella ghiandola surrenale e di conseguenza anche a livello plasmatico (13).
In conclusione, sebbene diversi fattori possano aver contribuito all’insorgenza dell’ipercortisolismo, il caso clinico descritto sottolinea ancora una volta quanto limitata sia la conoscenza delle proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche dei prodotti vegetali nonché del loro profilo di sicurezza, soprattutto dopo somministrazione cronica, e suggerisce pertanto di evitare il loro uso prolungato, anche per applicazione topica.
Bibliografia
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