A cura di Silvia Di Giacomo, Dipartimento Fisiologia e Farmacologia “V. Erspamer”, Sapienza – Università di Roma. Gruppo di lavoro di Farmacognosia, Fitoterapia e Nutraceutica della Società Italiana di Farmacologia
(riferito da Gavrić A, Ribnikar M, Šmid L, Luzar B, Štabuc B. Fat burner-induced acute liver injury: Case series of four patients. Nutrition 2018; 47: 110-114)
Gli integratori alimentari comunemente noti come “brucia grassi” hanno acquisito una crescente popolarità in quanto vantano la capacità di alterare il metabolismo lipidico e aumentare il dispendio energetico [1], sostituendosi così al regolare esercizio fisico e ad una dieta sana per raggiungere un adeguato controllo del peso corporeo. L’uso di questi prodotti non è regolamentato e la loro sicurezza ed efficacia sono discutibili. Inoltre, la facilità nel reperirli online ha contribuito ad aumentarne la domanda e la disponibilità [2]. Di seguito, vengono riportati 4 casi di danno epatico acuto a seguito di assunzione di prodotti a base di estratti di tè verde, caffè verde e spirulina, giunti all’osservazione presso il Dipartimento di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico Universitario di Lubiana (Slovenia) [3].
Caso 1. Una donna di 57 anni è stata ricoverata per un’epatite acuta. La paziente aveva notato, 4 settimane prima, urine scure e da una settimana erano comparsi diarrea, prurito generalizzato, nausea e ittero. Epatite virale ed enterocolite infettiva erano state escluse nel reparto di malattie infettive poco prima del ricovero.
La paziente era in terapia con ramipril, idroclorotiazide, bisoprololo e pantoprazolo per ipertensione arteriosa e reflusso gastroesofageo. Inoltre, stava assumendo da sei mesi, un integratore alimentare a base di spirulina (un’alga blu-verde) e, da sei settimane, uno a base di rosa canina (Litozin capsule). Dalle analisi chimico-cliniche risultavano: bilirubina totale (BT) 11,6 mg/dL, aspartato aminotransferasi (AST) 1720 U/L, alanina aminotranferasi (ALT) 3178 U/L, gamma-glutamil transferasi (GGT) 106 U/L, fosfatasi alcalina (AP) 208 U/L, albumina 4 g/dL, INR 1,11 e proteina C-reattiva (PCR) 15 mg/L.
Tutti i parametri si riducevano gradualmente durante l’ospedalizzazione.
Un’eziologia autoimmune o virale del danno epatico furono escluse. La biopsia epatica evidenziava un’epatite acuta con necrosi confluente degli epatociti, infiltrato infiammatorio e colestasi epatocanalicolare. Le caratteristiche istologiche erano compatibili con un’epatite di tipo idiosincrasico.
La paziente non ricevette nessun trattamento specifico e fu dimessa dall’ospedale dopo 25 giorni con un epatogramma quasi normale.
Dopo 4 settimane, fu nuovamente ricoverata con malessere generalizzato ed ittero. All’anamnesi, negava l’uso di integratori alimentari nel mese precedente. Le analisi chimico-cliniche evidenziavano le stesse anomalie riscontrate nel precedente ricovero, con un lieve aumento dei livelli plasmatici di IgG (16,5 g/L). Dopo 12 giorni la donna sviluppava una encefalopatia epatica di III grado con elevati livelli di ammoniemia, che regrediva dopo trattamento con lattulosio ma si ripresentava in forma più grave (IV grado) dopo 79 giorni, rendendo così necessario il trapianto di fegato. L’esame istologico evidenziava un’epatite fulminante caratterizzata da necrosi panacinare e colestasi epatocanalicolare. Il decorso post-operatorio iniziale è stato senza eventi di rilievo. Il rigetto acuto dell’organo, confermato dalla biopsia epatica, è stato trattato con successo con metilprednisolone. A 5 anni dal trapianto, la paziente è rimasta asintomatica.
Caso 2. Una donna di 51 anni è stata ricoverata per mialgia, mal di gola, tosse secca, brividi di freddo senza febbre, seguiti da epigastralgia con nausea e vomito. La paziente negava una possibile intossicazione alimentare, comportamenti sessuali a rischio e uso di sostanze d’abuso; inoltre, non fumava e raramente consumava alcolici. Tuttavia, lavorava in un’azienda dove si utilizzavano zinco, bromo e sostanze basiche.
Le analisi chimico-cliniche rivelavano: BT 2,8 mg/dL, AST 14588 U/L, ALT 12882 U/L, GGT 110 U/L, AP 162 U/L, albumina 4,2 g/dL, PCR <5 mg/dL e ferritina 1535 μg/L. I test per epatite virale A, B e C, ed infezioni da HIV e citomegalovirus (CMV) erano negativi. Il titolo di anticorpi anti-nucleo era 1:80.
I parametri epatici, in particolare le aminotransferasi, iniziarono a migliorare il giorno successivo al ricovero. L’INR, pari a 4,91, si è normalizzato il settimo giorno successivo all’ospedalizzazione. L’ecografia addominale e l’ecodoppler non evidenziavano anomalie.
La donna riferiva di assumere un integratore alimentare a base di tè verde e Garcinia gummi-gutta (Garcinia cambogia).
La biopsia epatica, eseguita 9 giorni dopo il ricovero, rivelava un’epatite acuta con necrosi centrolobulare degli epatociti, associata con colestasi epatocanalicolare diffusa, infiltrato infiammatorio nei tratti portali e nel parenchima epatico. Il quadro delle alterazioni morfologiche era coerente con un’epatite idiosincrasica di tipo colestatico. Le condizioni generali ed i test epatici sono migliorati durante la degenza e la paziente è stata dimessa dopo 17 giorni dal ricovero.
Caso 3. Una donna di 55 anni è stata ricoverata per dolore al petto, nausea, vomito, ittero e prurito. La paziente negava l’uso di alcol e farmaci. I sintomi si erano sviluppati dopo aver assunto sei pillole di un integratore alimentare a base di caffè verde.
I segni vitali erano nella norma e le analisi chimico-cliniche evidenziavano: BT 3,7 mg/dL, AST 221 U/L, ALT 666 U/L, GGT 87 U/L, AP 213 U/L, INR <1 e albumina 4,1 mg/dL. L’ecografia addominale non evidenziava anomalie. Di contro, l’ecografia endoscopica, escludeva la coledocolitiasi, ma mostrava linfonodi di dimensioni pari a 25 × 20 mm nella porta epatica. Il titolo di anticorpi anti-nucleo era di 1:80. Tutti gli altri parametri erano nella norma.
La biopsia epatica, eseguita il 7° giorno di ospedalizzazione, ha rilevato una colestasi epatocanalicolare e un lieve infiltrato infiammatorio portale e lobulare. Le caratteristiche istologiche erano coerenti con un danno epatico idiosincrasico di tipo colestatico. I livelli di piastrine al momento della biopsia epatica erano 81 × 109/L. Dopo la biopsia, la paziente ha iniziato a lamentare forti dolori a livello epigastrico e nel quadrante destro superiore del torace ed è stata osservata ematemesi. La tomografia computerizzata rivelava una banda di fluido larga 15 mm tra la curvatura gastrica minore e il lobo epatico sinistro. I livelli di emoglobina scendevano da 154 g/L (al momento del ricovero) a 106 g/L. L’ecografia addominale rivelava un ematoma sotto il lobo epatico sinistro e la presenza di uno strato iperecogeno di emorragia acuta tra il fegato e l’ematoma. La paziente è stata operata e sono state effettuate colecistectomia ed emostasi. Il sito dell’emorragia era il punto in cui era stata effettuata la biopsia epatica. Una nuova emorragia ha reso necessari due ulteriori interventi di embolizzazione dell’arteria epatica sinistra e di resezione di segmenti epatici necrotici. La paziente è stata dimessa dopo 28 giorni di ricovero.
Dopo due settimane dalle dimissioni, la paziente si ripresentava con una significativa trombocitopenia (piastrine 28 × 109/L). I livelli di emoglobina erano pari a 150 g/L. Rivalutando la storia clinica della paziente, questa riferiva di aver consultato saltuariamente un ematologo negli ultimi 20 anni a causa della trombocitopenia. La donna è stata quindi sottoposta a terapia orale con metilprednisolone (32 mg/die). Dopo una settimana, i livelli piastrinici aumentavano a 137 × 109/L, ma scendevano a 54 × 109/L dopo la sospensione del trattamento. La diagnosi più probabile è risultata quindi una trombocitopenia su base immunologica.
Caso 4. Una donna di 57 anni è stata ricoverata con ittero e prurito; inoltre, 4 giorni prima aveva accusato dolore epigastrico nel quadrante destro superiore con nausea. Un lieve dolore era presente in modo intermittente da quasi un anno e si acuiva dopo i pasti o durante il digiuno.
La donna riferiva precedenti interventi chirurgici, per un tumore benigno all’utero (10 anni prima) e per una torsione ovarica (6 anni prima); inoltre, aveva avuto una gastrite da Helicobacter pylori (5 anni prima). Soffriva da anni di dolori cervicali e nei mesi precedenti al ricovero aveva lamentato dolori al tendine di Achille destro.
Era in terapia antipertensiva con enalapril 2 × 5 mg / die e losartan 50 mg / die. Non fumava nè consumava alcol, ma stava assumendo da 10 settimane un integratore alimentare brucia grassi a base di tè verde (in totale aveva assunto 85 pillole) chiamato Chili Burn. L’esame clinico rivelava la presenza di ittero e dolore alla palpazione della parte superiore dell’addome destro. Le analisi chimico-cliniche rilevavano: BT 9,1 mg/dL, AST 1652 U/L, ALT 3385 U/L, GGT 262 U/L, AP 242 U/L, albumina 4,2 g/dL e INR <1. Furono escluse infezioni di tipo virale. Il titolo di anticorpi anti-nucleo era 1:160 e le IgM risultavano leggermente elevate (5,12 g/L).
L’ecografia addominale rivelava un ispessimento della parete della cistifellea e la presenza di microliti. L’ecografia endoscopica mostrava un coledoco sinuoso ma vuoto. La biopsia epatica, effettuata il 5° giorno, rivelava un’epatite acuta con necrosi a ponte degli epatociti, infiltrato linfoplasmocitario lobulare, infiammazione portale mista ed epatite di interfaccia moderatamente intensa. Si osservavano anche numerosi epatociti apoptotici. Il quadro delle alterazioni morfologiche suggeriva un’epatite di tipo idiosincrasico.
Tutti i parametri tornarono gradualmente nella norma durante il ricovero. Al follow-up, fino a 103 settimane dopo la dimissione, i parametri di laboratorio della paziente erano normali, eccetto un lieve aumento di BT e AP.
Dopo cinque anni, la paziente è stata nuovamente ricoverata per stanchezza e debolezza generalizzata accompagnate da diarrea e ittero. La donna aveva assunto per un mese un integratore brucia grassi, chiamato SlimCut, a base di tè verde (60 pillole in totale). Assumeva regolarmente bisoprololo e ramipril; inoltre, tra il primo e il secondo ricovero, aveva subito una colecistectomia elettiva. L’esame fisico mostrava ittero e lieve edema alle estremità. Le analisi chimico-cliniche evidenziavano le stesse anomalie riscontrate nel precedente ricovero e l’ecografia addominale mostrava la presenza di fluido ascitico nell’addome (500 mL). Il titolo di anticorpi antinucleo era 1:160 e le IgG (14,9 g/L) e IgM (3,69 g/L) erano lievemente aumentate. Durante il ricovero (40 giorni) i parametri ematici si sono andati normalizzando e non è stata necessaria una terapia di supporto. Dopo 46 giorni dalla dimissione, tutti i valori erano tornati nella norma.
Nel presente articolo vengono descritti 4 casi di danno epatico da integratori alimentari per il controllo del peso corporeo, detti brucia grassi, tutti riguardanti soggetti di sesso femminile. La diagnosi di danno epatico da supplementi dietetici è una diagnosi di esclusione e richiede la biopsia epatica. Un grosso aiuto potrebbe venire dall’uso di biomarkers, che potrebbero essere individuati mediante un approccio metabolomico, ma questi richiedono ancora studi prima che possano essere applicati di routine.
Nei casi descritti l’epatite è stata sempre giudicata di tipo idiosincratico, sulla base dei test sierologici, che escludevano l’eziologia virale o autoimmune, e della biopsia epatica. Anche la sequenza temporale, in termini di comparsa dei sintomi e remissione dopo la sospensione del trattamento con l’integratore alimentare, era simile nei 4 casi.
Gli integratori sospettati di indurre danno epatico erano rappresentati da spirulina, tè verde, garcinia e caffè verde. La spirulina è ritenuta il maggiore responsabile del danno epatico nel caso 1, sebbene la paziente assumesse anche un altro integratore; in letteratura è riportato un caso di epatite da spirulina che non ha richiesto il trapianto [4]. Per il tè verde (assunto nei casi 2 e 4) e la Garcinia cambogia (caso 2) sono descritti in letteratura numerosi casi di epatite, talvolta seguita da trapianto di fegato [5-7]. Infine, nel caso 3 la paziente ha avuto un’epatite colestatica idiosincrasica dopo aver assunto solo 6 compresse di un preparato a base di caffè verde. La biopsia epatica ha avuto delle complicanze di tipo emorragico che hanno richiesto il trattamento chirurgico; il sanguinamento si può verificare dopo una biopsia epatica, ma generalmente non richiede un intervento chirurgico. Nel caso descritto tale complicazione potrebbe essere stata correlata alla particolare situazione ematologica della paziente.
Commento
L’epatite indotta da integratori alimentari è un fenomeno crescente. Per l’immissione in commercio di questi preparati non sono richiesti studi ad hoc; pertanto, eventuali problemi di sicurezza emergono solo attraverso una sorveglianza post-marketing.
La tossicità di un prodotto può dipendere da fattori correlati al soggetto che lo assume e/o al prodotto stesso. Nel caso di integratori a base di piante medicinali stabilire una correlazione tra reazione avversa e assunzione del prodotto è più difficile, a causa della complessità e variabilità della composizione chimica.
Gli autori del presente lavoro non riportano la tipologia di preparato e la composizione dei prodotti oggetto delle reazioni; non sappiamo quindi se si tratta di prodotti erboristici o di estratti e se questi sono standardizzati o arricchiti. In quest’ultimo caso, la composizione può risultare molto differente. Ad esempio, in alcuni estratti di tè verde, il contenuto di epigallocatechina gallato può raggiungere il 95%; tali estratti si configurano pertanto più come una sostanza allo stato puro che come un preparato tradizionale, la cui sicurezza di impiego può essere giustificata dall’uso prolungato [8].
Il quadro viene reso ancora più complicato dall’uso contemporaneo di più preparati a base di piante medicinali. Nel secondo caso clinico, ad esempio, la paziente aveva assunto tè verde e Garcinia gummi-gutta: per entrambi in letteratura è riportata una sospetta epatotossicità [9-10].
Come è noto, in ogni estratto vegetale sono presenti decine di molecole che possono interagire farmacologicamente, tra loro e con farmaci eventualmente assunti dal paziente. Inoltre, ogni estratto può presentare problemi di qualità (errata identificazione della pianta, contaminazione, adulterazione, mancanza di standardizzazione, ecc.) che possono esporre a reazioni avverse; è evidente quindi che l’utilizzo di più preparati o di preparati multicomponenti moltiplica esponenzialmente il rischio di reazioni avverse.
I casi qui descritti confermano che l’uso di prodotti naturali non è per definizione sicuro e sottolineano, in caso di descrizione o segnalazione delle sospette reazioni avverse a prodotti vegetali, la necessità di una corretta e completa descrizione dei preparati, per consentire di stabilire il nesso di causalità.
Bibliografia
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