Epatite da cimicifuga a carattere autoimmune

A cura di Antonella Di Sotto, Dipartimento Fisiologia e Farmacologia “V. Erspamer”, Sapienza Università di Roma

(Riferito da Franco DL, Kale S, Lam-Himlin DM, Harrison ME. Black cohosh hepatotoxicity with autoimmune hepatitis presentation. Case Rep Gastroenterol 2017; 11: 23-28).
 
La cimicifuga [Actaea racemosa L. oCimicifuga racemosa (L.) Nuttal] è utilizzata per trattare i sintomi della menopausa (1); tuttavia il suo utilizzo è stato associato a reazioni avverse di tipo epatico (2). Il caso qui riportato descrive un nuovo episodio di danno epatico correlato all’uso di cimicifuga.
 
Una donna di 69 anni si è presentata al reparto di Gastroenterologia del Mayo Clinic (Scottsdale, USA) riferendo dolore acuto nel quadrante alto destro dell’addome che durava da due settimane, urine scure e feci chiare, color argilla, da tre giorni. All’anamnesi dichiarava di essere ipertesa e di aver contratto in passato un’epatite A, di non fare uso di alcool né di avere in famiglia casi di malattie epatiche o autoimmuni. Assumeva da anni amlodipina, metoprololo e omeprazolo e, da circa una settimana, un preparato di cimicifuga (estratto di radice standardizzato, 150 mg/die) per contrastare le vampate di calore associate alla menopausa.
I segni vitali erano nella norma, mentre all’esame fisico si riscontrava dolore nel quadrante alto destro dell’addome ed ittero senza segni di malattia epatica cronica. Al momento del ricovero, i valori dei parametri di funzionalità epatica, che erano nella norma fino all’anno precedente, erano incrementati in maniera significativa (bilirubina totale 6,3 mg/dl; bilirubina diretta 4,9 mg/dl; fosfatasi alcalina 296 IU/l; ALT 2.385 IU/l e AST 1.386 IU/l). La funzione “sintetica” del fegato era normale (INR 1; albumina 4,3 g/dL). L’esame dell’addome, effettuato mediante risonanza magnetica nucleare, non mostrava nulla di rilevante. Potenziali cause alternative della reazione avversa epatica, quali ostruzione delle vie biliari, epatite virale, emocromatosi e malattia di Wilson, sono state escluse sulla base di specifici esami diagnostici. Il dosaggio degli autoanticorpi rivelava valori elevati di anticorpi anti-nucleo e anti-muscolo liscio. All’esame bioptico si osservava un quadro presumibilmente compatibile con un’epatite autoimmune, caratterizzato da infiammazione cronica portale con presenza di plasmacellule e modica infiammazione lobulare senza necrosi o fibrosi.
Dopo il ricovero è stata sospesa l’assunzione di cimicifuga e, considerando il quadro autoimmune, la paziente è stata sottoposta a trattamento con prednisone e azatioprina (30 e 50 mg al giorno, rispettivamente). Due giorni dopo l’inizio del trattamento e 5 giorni dopo la sospensione della cimicifuga, i parametri di funzionalità epatica hanno iniziato a diminuire, normalizzandosi completamente dopo 3 mesi di trattamento.
La correlazione del danno epatico al prodotto a base di cimicifuga, effettuata mediante l’algoritmo CIOMS (3), è risultata “altamente probabile”.
 
Commento
La cimicifuga è uno dei rimedi erboristici maggiormente utilizzati dalle donne in menopausa. La sua efficacia nel trattamento dei sintomi vasomotori è attribuita ai glicosidi triterpenici e ai composti fenolici ma non c’è una chiara evidenza di sicurezza ed efficacia. Negli anni sono stati riportati diversi casi di sospetta tossicità epatica da cimicifuga, sebbene il rapporto causale non sia stato sempre chiaramente definito. In particolare, Teschke et al. (2) hanno valutato, mediante algoritmi di causalità, ben 69 casi di epatotossicità da cimicifuga: di questi, solo per uno la causalità è stata definita”probabile”, mentre gli altri sono stati giudicati aventi fattori di confondimento, quali uso di miscele a base di erbe con ingredienti multipli, mancanza di associazione temporale e malattie epatiche pre-esistenti.
Nel caso riportato, è stata evidenziata una forma di epatite autoimmune, descritta solo in due dei casi di epatotossicità attribuiti alla cimicifuga (4,5). Il danno epatico sembra dovuto all’accumulo, negli epatociti, di addotti proteici (in particolare 4-idrossi-2-nonenale) che agirebbero da autoantigeni, inducendo danno ossidativo e risposta autoimmune (6).
Quello descritto sembra essere, pertanto, il primo caso di tossicità epatica da cimicifuga giudicato “altamente probabile”, sulla base degli algoritmi per la valutazione della causalità.
Alla luce di tali considerazioni, si evidenzia l’importanza di una corretta e completa segnalazione dei casi di reazione avversa a preparati vegetali. Spesso, infatti, la carenza di informazioni di base, relative sia al prodotto naturale che al paziente, può compromettere la valutazione della reazione.

Bibliografia

  1. Wuttke W, et al. Thenon-estrogenic alternative for the treatment of climacteric complaints: Blackcohosh (Cimicifuga or Actaea racemosa). J Steroid Biochem Mol Biol 2014: 139: 302-10.
  2. Teschke R, et al. Suspected black cohosh hepatotoxicity – challenges and pitfalls of causality assessment. Maturitas 2009; 63: 302-14.
  3. Teschke R, et al. Causality assessment in hepatotoxicity by drugs and dietary supplements. Br J Clin Pharmacol 2008; 66: 758-66.
  4. Guzman G, et al. Liver injury with features mimicking autoimmune hepatitis following the use of black cohosh. Case Rep Med 2009; 2009: 918156.
  5. Cohen SM, et al. Autoimmune hepatitis associated with the use of black cohosh: a case study. Menopause 2004; 11: 575-77.
  6. Enbom ET, et al. Mechanism of hepatotoxicity due to black cohosh (Cimicifuga racemosa): histological, immunohistochemical and electron microscopy analysis of two liver biopsies with clinical correlation. Exp Mol Pathol 2014; 96: 279-83.
Ultimo aggiornamento: 04 giugno 2017