A cura di Silvia Di Giacomo, Dipartimento Fisiologia e Farmacologia “V. Erspamer”, Sapienza Università di Roma
L’uso di preparati a base di piante medicinali da parte di pazienti oncologici può causare effetti potenzialmente negativi, in quanto tali prodotti possono influenzare l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti antitumorali convenzionali.
La maggior parte dei pazienti che utilizzano medicine complementari e tradizionali, tra cui prodotti a base di piante medicinali, sono inoltre riluttanti a rivelare questa pratica al personale medico, per timore di una disapprovazione.
Le interazioni tra prodotti a base di piante medicinali e farmaci sono state ampiamente indagate in letteratura, soprattutto in campo oncologico, ma i risultati sono spesso contradditori e non hanno permesso sino ad ora lo sviluppo di linee guida riconosciute. Di conseguenza, molti medici raccomandano di non utilizzare tali prodotti durante la chemioterapia. Questa soluzione trova però difficile attuazione sopratutto nelle comunità in cui la medicina tradizionale costituisce una parte integrante delle norme sociali, come il Medio Oriente.
In questo contesto, gli autori di un articolo pubblicato di recente (Ben-Arye E et al. Potential Risks Associated With Traditional Herbal Medicine Use in Cancer Care: A Study of Middle Eastern Oncology Health Care Professionals. Cancer 2016; 122: 598-610) hanno valutato l’uso dei prodotti a base di piante medicinali da parte di pazienti medio-orientali affetti da cancro, sulla base di quanto riportato dai loro medici. L’indagine è stata effettuata mediante un questionario che in particolare chiedeva loro di elencare i 5 principali prodotti a base di piante usati dai pazienti. Gli autori hanno quindi effettuato una ricerca nella letteratura medica per identificare i rischi associati all’utilizzo di tali prodotti in concomitanza con il trattamento antitumorale convenzionale.
Risultati
Dei 422 operatori sanitari contattati da 16 differenti paesi del Medio Oriente, 339 (80,3%) hanno restituito il questionario. Di questi, 201 operatori (57,5%) provenienti da 15 paesi hanno riportato almeno 1 prodotto a base di piante medicinali utilizzato dai loro pazienti. In totale, sono stati identificati 47 preparati, di cui 44 classificati secondo la nomenclatura scientifica; 29 (65,9%) sono stati associati a problemi di sicurezza d’impiego che sono stati raggruppati in tre tipologie.
1) Interazioni con farmaci potenzialmente pericolose
Sono state riscontrate diverse tipologie di interazioni potenzialmente negative tra piante medicinali e farmaci, responsabili sia della riduzione della biodisponibilità (e quindi dell’efficacia), sia dell’aumento dei livelli di farmaco e quindi della sua possibile tossicità (15 piante; 34,1%). Queste interazioni erano mediate prevalentemente dagli enzimi del citocromo P450, in primo luogo il CYP3A4, e riguardavano piante come finocchio (Foeniculum vulgare Mill.), Ginkgo biloba L., menta (Mentha spp.), camomilla (Matricaria chamomilla L.), iperico (Hypericum perforatum L.). Altri fattori coinvolti nell’alterazione della biodisponibilità dei farmaci antitumorali (etoposide, irinotecano, metotressato e paclitaxel) erano i polipeptidi che trasportano gli anioni organici e la glicoproteina P intestinale, indotta da iperico e inibita da curcuma (Curcuma longa L.) e ginseng (Panax ginseng.C.A. Meyer).
2) Effetti tossici dipendenti direttamente dalla pianta
Tra i prodotti a base di piante medicinali che sono stati identificati, molti (18; 40,9%) sono risultati avere effetti tossici diretti. Ad esempio un aumento del rischio di emorragia è stato riportato dopo assunzione di anticoagulanti e antiaggreganti in combinazione con aglio (Allium sativumL.), thè (Camellia sinensis L.), cumino (Cuminum cyminum L.), curcuma (Curcuma longa L.), finocchio, Ginkgo biloba L., lino (Linum usitatissimum L.), Nigella sativa L., olivo (Olea europaea L.), ginseng, timo (Thymus vulgaris L.), Trifolium pratense L. e fieno greco (Trigonella foenum-graecum L.).
È stata anche riportata un’alterazione dell’aggregazione piastrinica con preparati a base di Vitis vinifera L. e zenzero (Zingiber officinale Roscoe). Assa fetida (Ferula asafoetida L.) e zenzero hanno indotto effetti anticoagulanti in pazienti immunosoppressi sottoposti a trapianto di midollo osseo, mentre il ginseng ha indotto effetti epatotossici in pazienti trattati con imatinib.
Al tempo stesso, alcuni prodotti a base di piante medicinali hanno mostrato di prevenire o ridurre la tossicità di agenti chemioterapici (es. Urtica dioica L. in combinazione con cisplatino).
3) Effetti sull’attività dei farmaci antitumorali
Alcuni dei preparati vegetali considerati sono risultati in grado di aumentare l’attività citotossica di agenti antitumorali convenzionali (7 piante medicinali; 15,9%). Questo effetto è il risultato sia di un’interazione sinergica con il farmaco che di un’azione chemiosensibilizzante sulle cellule tumorali. Un aumento della citotossicità è stata osservata con Curcuma longa L. in cellule di pazienti con cancro al polmone resistente al cisplatino; con composti del ginseng (ginsenoside Rh2) e paclitaxel in cellule del cancro al seno multi-resistenti; con il cardo mariano (Silybum marianum L.) e la doxorubicina, in cellule MCF-7 di carcinoma mammario.
Infine, alcuni prodotti a base di piante medicinali sono risultati in grado di attenuare gli effetti antitumorali della chemioterapia (es. inibizione dell’effetto dell’etoposide in cellule MCF-7 da parte della curcumina) e promuovere la progressione del cancro.
In sintesi
L’uso dei prodotti a base di piante medicinali, molto radicato nei paesi del Medio Oriente, ha effetti potenzialmente negativi che includono tossicità diretta, interazioni negative con farmaci antitumorali ed una maggiore sensibilità delle cellule tumorali ai chemioterapici, con conseguente necessità di ridurne il dosaggio.
Nei paesi in cui l’uso delle medicine complementari e tradizionali è rilevante, gli oncologi hanno bisogno di comprendere meglio le implicazioni di questa pratica.