A cura di Simona Lucchesi. UOSD Farmacologia Clinica. AOU “G. Martino”, Messina
Nei pazienti con infezione del virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV), la prima linea di trattamento si basa su una combinazione di tre farmaci antiretrovirali appartenenti a due classi farmacologiche diverse: generalmente si tratta di due inibitori nucleotidici o nucleosidici della trascrittasi inversa più un inibitore della proteasi oppure un inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa. La scelta dei farmaci dipende dalla loro efficacia, dagli effetti avversi noti, dalle possibili interazioni e dai vantaggi (numero delle dosi giornaliere, etc.).
Nella rivista Prescrire International è stato pubblicato un articolo che ha focalizzato l’attenzione sui profili di effetti avversi di zidovudina, tenofovir ed abacavir (1). Di seguito si riporta un’ampia sintesi di questo articolo.
Zidovudina
La zidovudina può causare anemia di grado severo ed altri disturbi ematologici. Nei trial clinici, in cui i pazienti sono trattati con dosi giornaliere elevate, la metà dei pazienti ha sviluppato disturbi ematologici come anemia o leucopenia.
Nei pazienti trattati con combinazioni antiretrovirali sono state osservate delle modifiche nella distribuzione del grasso corporeo. La lipoatrofia sembra dipendere principalmente da tossicità mitocondriale indotta da inibitori nucleosidici come zidovudina e stavudina.
Gli effetti avversi a lungo termine indotti dalla zidovudina e dovuti a tossicità mitocondriale includono steatosi, miopatia sintomatica, acidosi lattica, disturbi neurologici e disturbi miocardici.
Tenofovir
I soggetti affetti da HIV hanno un rischio maggiore di sviluppare insufficienza renale rispetto alla popolazione generale e ciò dipende dalla nefrotossicità dell’HIV e dalle complicanze che derivano dalle patologie concomitanti, oltre che dai farmaci antiretrovirali e da altri farmaci nefrotossici.
Il tenofovir è nefrotossico e può causare insufficienza renale cronica con riduzione della filtrazione glomerulare e tubulopatia prossimale, accompagnate da proteinuria, glicosuria e ipofosfatemia (inclusa sindrome di Fanconi).
Il rischio è maggiore nei pazienti che hanno già un danno renale preesistente ed in quelli che assumono atazanavir o altri farmaci nefrotossici ed aumenta con l’avanzare dell’età.
L’insufficienza renale acuta indotta da tenofovir è generalmente di grado severo e spesso è irreversibile, nonostante la sospensione del trattamento.
Rispetto alla popolazione generale, i pazienti con HIV hanno anche un rischio maggiore di riduzione della densità minerale ossea, osteoporosi e fratture. Con tenofovir possono manifestarsi anche ipofosfatemia e osteomalacia (2).
Si raccomanda il controllo della clearance della creatinina e del fosfato serico prima dell’assunzione di tenofovir e in seguito periodicamente durante il trattamento.
Abacavir
Questo farmaco può essere responsabile di un rischio di ipersensibilità di grado severo, soprattutto nei pazienti che sono portatori dell’allele HLA-B*5701. Di conseguenza prima dell’assunzione del farmaco, andrebbe determinato se il paziente è portatore dell’allele HLA-B*5701.
In un trial randomizzato in doppio cieco su 1956 pazienti, l’ipersensibilità all’abacavir si è manifestata nel 48-61% dei pazienti portatori dell’allele HLA-B*5701 versus lo 0-4% dei pazienti non portatori (3).
Su 803 pazienti non portatori dell’allele, 27 pazienti hanno manifestato segni e sintomi di ipersensibilità (febbre e rash), disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea, dolore addominale), reazioni sistemiche (malessere, senso di affaticamento e cefalea) o disturbi respiratori (dispnea, tosse e faringite).
Alcuni studi relativi al rischio di infarto del miocardio ed abacavir hanno fornito risultati contrastanti. In uno studio epidemiologico volto a valutare il rischio di infarto del miocardio, in pazienti in terapia antiretrovirale combinata, l’esposizione ad abacavir nei precedenti 6 mesi è risultata associata ad un aumento del rischio. In una metanalisi dei trial clinici non è stato evidenziato un incremento del rischio di infarto del miocardio fra chi assumeva abacavir rispetto ai controlli.
In sintesi
- Nei pazienti con funzionalità renale nella norma o in pazienti co-infetti con epatite B, la migliore scelta è rappresentata dal tenofovir, in quanto con la zidovudina è possibile il rischio di lipoatrofia ed anemia.
Con l’uso di tenofovir va comunque monitorata la funzionalità renale mensilmente durante il primo anno e poi ogni 3 mesi. - In pazienti con disturbi renali o a rischio di insufficienza renale, la migliore scelta è l’abacavir a meno che non sia controindicato, ad esempio nei casi in cui il paziente non sia portatore dell’allele HLA-B*5701. I pazienti che assumono abacavir dovrebbero essere monitorati per i sintomi di ipersensibilità.
- Zidovudina, nonostante il rischio di lipoatrofia durante il trattamento a lungo termine, è raccomandata come alternativa all’abacavir ma sempre monitorando i parametri ematologici.
Bibliografia
- Prescrire International 2016; 25: 180-183.
- Gutiérrez F, Masiá M. The role of HIV and antiretroviral therapy in bone disease. AIDS Rev 2011; 13: 109-18.
- Mallal S, et al. HLA-B*5701 screening for hypersensitivity to abacavir. N Engl J Med 2008; 358: 568-79.
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