Eleonora Mocciaro. UOSD Farmacologia clinica. AOU Policlinico “G Martino”, Messina
Gli inibitori di pompa protonica (PPI) sono ampiamente prescritti. Sebbene siano generalmente ben tollerati, i PPI possono causare gravi reazioni avverse, come polmonite acquisita in comunità, diarrea da Clostridium difficile (1), frattura dell’anca (2,3) e possono determinare un incremento della mortalità per tutte le cause (4). Sulla rivista European Journal of Internal Medicine è stato pubblicato un articolo in cui è stata focalizzata l’attenzione sul rischio di ipomagnesemia associato ad assunzione di inibitori di pompa protonica (5). Di seguito si riporta una sintesi dell’articolo.
L’ipomagnesemia associata a PPI è un effetto indesiderato raro, ma potenzialmente pericoloso per la vita, emerso recentemente come conseguenza del loro massiccio impiego (6-8).
Inoltre, il rischio potrebbe essere aumentato dalla concomitante assunzione di diuretici (7,8).
È stato condotto uno studio osservazionale per valutare la prevalenza di ipomagnesemia in una coorte di pazienti in un reparto di Medicina Interna, per stimare il rischio di ipomagnesemia correlata a trattamento con PPI ed alla sua durata oltre al concomitante impiego di diuretici.
- Sono stati arruolati tutti i pazienti ricoverati nel reparto di Medicina Interna dell’Ospedale di Circolo a Busto Arsizio nel periodo compreso tra Febbraio e Novembre 2014 ed è stato misurato il livello serico di magnesio (mg/dL).
L’ipomagnesemia è stata definita come un livello plasmatico di magnesio <1,7 mg/dL (definita “severa” se il livello era <1,4 mg/dL).
I dati raccolti al momento del ricovero in ospedale includevano caratteristiche socio-demografiche, diagnosi, trattamento farmacologico, livello serico di magnesio, fattori di rischio per ipomagnesemia, intervento per trattare l’ipomagnesemia e livello serico di magnesio dopo il trattamento.
- Su un totale di 604 pazienti reclutati, l’ipomagnesemia è stata riscontrata in 85 pazienti (14,1%), 63 dei quali (74,1%) assumevano PPI.
I sintomi caratteristici di ipomagnesemia erano presenti in 27 pazienti, 19 dei quali (70,4%) avevano assunto PPI, sebbene la differenza rispetto ai pazienti non trattati non fosse statisticamente significativa (p=0,59). La prevalenza di ipomagnesemia risultò significativamente più elevata in pazienti che assumevano PPI (21,1% vs 7,2%; p<0,001). Rispetto ai pazienti non esposti, nel gruppo trattato con PPI, è stata osservata un’associazione indipendente con un rischio maggiore di ipomagnesemia, anche dopo aver aggiustato l’analisi per i fattori di rischio noti.
- L’impiego di diuretici dell’ansa o diuretici tiazidici non è stato significativamente associato ad ipomagnesemia (rispettivamente OR 1,61; IC 95% 0,87-2,99; p=0,14 e OR 0,97; IC 95% 0,61-1,56; p=0,91). La stratificazione per la durata di trattamento ha determinato che il rischio di ipomagnesemia era maggiore nei pazienti che avevano assunto PPI da meno di un anno.
In 26 pazienti è stata riscontrata una severa ipomagnesemia: 19 (73,1%) di essi avevano assunto un PPI e in 14 la durata del trattamento è stata maggiore di un anno.
Il trattamento con PPI è stato interrotto in 35 pazienti ed è stato somministrato un supplemento di magnesio a 29 di essi. Il livello serico di magnesio rientrò nella norma in 32 casi.
La mortalità è stata più elevata nei pazienti con ipomagnesemia ed è stato osservato un trend con l’uso di PPI, sebbene non statisticamente significativo (OR 1,66; IC 95% 0,84-3,15; p=0,14).
La prevalenza di ipomagnesemia tra pazienti che avevano assunto PPI in questo studio è risultata simile a quella riportata in una review e metanalisi pubblicata nel 2014 (9). A differenza di altri studi (9,10), è stato rilevato che l’ipomagnesemia si è verificata in misura superiore in pazienti che avevano assunto PPI da meno di un anno, sebbene l’ipomagnesemia severa sia stata riscontrata tra pazienti trattati da più tempo.
Bibliografia
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